Sono un vostro iscritto e lavoro in banca da ormai oltre 25 anni. Dopo un confronto con alcuni colleghi mi sono accorto che per anni l’azienda non ha calcolato correttamente nelle mie buste paga un’indennità retributiva.L’incidenza non è molta, ma sto considerando l’ipotesi di rivendicare il pagamento delle differenze. Prima di procedere vorrei sapere: fino a quanti anni indietro posso calcolare le differenze da richiedere? Esiste un termine di prescrizione della rivendicazione anche in costanza di rapporto di lavoro? |
I crediti di lavoro si prescrivono dopo 5 anni.
Prescrizione significa tecnicamente non azionare un determinato diritto.
Se non si rivendica un proprio diritto entro 5 anni si perde automaticamente questo diritto di carattere retributivo.
Il lavoratore ha davanti a sé un arco temporale di 5 anni per poter alzare la mano e chiedere formalmente al datore di lavoro il rispetto del contratto, della legge e delle buste paga.
Il problema che si è sempre posto è quello di chiarire da quando decorra la prescrizione, cioè quale sia, tecnicamente, il “dies a quo”, il giorno da cui cominciano a decorrere questi famosi 5 anni.
Storicamente, da quando nel 1963 si è espressa la Corte Costituzionale, si è sempre affermato che nelle grandi aziende, cioè quelle nelle quali operava la stabilità cosiddetta reale con la garanzia di reintegra del posto di lavoro nel caso di licenziamento illegittimo e con la presenza del sindacato, la prescrizione decorresse durante il rapporto di lavoro.
Nelle piccole aziende con meno di 15 dipendenti e nelle piccole realtà in cui non c’era il sindacato e c’era il pericolo di perdere il posto di lavoro la prescrizione durante il rapporto di lavoro non decorreva, rimaneva congelata, e iniziava a decorrere quando il rapporto di lavoro finiva, perché solo in quel momento il lavoratore non era più intimorito dall’idea di perdere il posto di lavoro ove avesse azionato il diritto medesimo.
Questa situazione si è consolidata nel tempo per cui i lavoratori del credito che operano all’interno delle aziende grandi, con il sindacato presente e con la tutela forte dell’articolo 18, ogni anno si trovavano nella condizione di dover obbligatoriamente richiedere il proprio credito di lavoro e se non l’avessero fatto l’avrebbero perso.
La situazione è significativamente cambiata già in virtù dell’introduzione della cosiddetta Legge Fornero, Legge 92 del 2012, che come sappiamo tutti ha eliminato le tutele forti dell’Articolo 18.
Da quella data non è più previsto, se non in rarissimi casi, il ricorso alla reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.
Quella stabilità che quindi era garantita dall’Articolo 18 vecchia maniera nei confronti dei lavoratori delle grandi imprese ha cominciato a sgretolarsi fino a soccombere.
Oggi, con la materia del contratto a tutele crescenti, a maggior ragione, la tutela reintegratoria praticamente non esiste più e quindi il lavoratore si trova nella condizione di essere soggetto al rischio della perdita del posto di lavoro in ogni momento.
La magistratura ha già iniziato a interrogarsi sul decorso della prescrizione e, recentemente, il Tribunale del Lavoro di Milano ha stabilito che proprio il venir meno delle garanzie reintegratorie del vecchio Articolo 18 hanno reso il lavoratore più esposto al rischio di perdere il posto di lavoro, esattamente come lo era il lavoratore delle piccole imprese.
Secondo il Tribunale di Milano, quindi, anche nelle grandi aziende e nei grandi gruppi bancari la prescrizione rimane congelata nel corso del rapporto di lavoro medesimo, dando al lavoratore molto più tempo per rivendicare i propri diritti grazie alla decorrenza del termine dei cinque anni dal momento in cui il lavoratore lascerà l’azienda.